Tra i 45 e i 55 anni, la qualità del sonno di molte donne subisce un declino significativo. I numeri parlano chiaro: secondo lo studio SWAN (Study of Women's Health Across the Nation), i disturbi del sonno colpiscono il 16-42% delle donne in premenopausa, ma questa percentuale sale al 39-47% durante la perimenopausa e raggiunge il 35-60% nelle donne in post-menopausa. Non si tratta di semplici notti in bianco, ma di un problema complesso che intreccia biologia, ormoni e ritmi circadiani, con conseguenze importanti sulla salute fisica e psicologica.
La qualità del sonno tende a peggiorare già negli anni che precedono la menopausa, parallelamente alla riduzione degli estrogeni e della melatonina endogena. Questa combinazione ormonale favorisce alterazioni del ritmo circadiano e un aumento dei risvegli notturni, con un impatto diretto su concentrazione, umore e benessere generale.
La tempesta ormonale che disturba il sonno
Alla base di questo fenomeno c'è una rivoluzione ormonale silenziosa, ma potente. La riduzione degli estrogeni durante la transizione menopausale non si limita a causare le classiche vampate di calore: questi ormoni modulano neurotrasmettitori fondamentali come la serotonina e il GABA, coinvolti nella regolazione del sonno. Inoltre, gli estrogeni influenzano la termoregolazione corporea, e quando calano, il sistema di controllo della temperatura si destabilizza.
Il risultato? Risvegli notturni frequenti, difficoltà ad addormentarsi, sudorazioni che costringono a cambiare le lenzuola e un sonno che non rigenera. Le difficoltà più comuni sono proprio i risvegli notturni e il tempo trascorso sveglie dopo essersi addormentate, spesso intrecciati ai sintomi vasomotori come vampate e sudorazioni.
Diversi studi di cronobiologia mostrano che, oltre al calo degli estrogeni, la menopausa modifica la sensibilità ai segnali che sincronizzano l’orologio interno.
Un aiuto può arrivare dalla melatonina
Ma c'è un altro protagonista in questa storia: la melatonina, l'ormone che regola il nostro orologio biologico. Con l'avanzare dell'età e in particolare durante la menopausa, la secrezione notturna di melatonina tende a diminuire. Studi osservazionali hanno rilevato livelli notturni più bassi nelle donne in post-menopausa rispetto a quelle in perimenopausa, con un andamento progressivamente in calo durante la transizione. Questa riduzione è associata a una maggiore difficoltà nel mantenere un ritmo sonno-veglia regolare.
Le evidenze più recenti indicano che la supplementazione con melatonina può aiutare a ristabilire una fisiologica sincronizzazione dei ritmi circadiani, migliorando il tempo di addormentamento e la qualità complessiva del sonno.
Nelle donne in menopausa la melatonina mostra anche un effetto favorevole indiretto su umore e benessere generale, probabilmente grazie alla regolazione dei neurotrasmettitori serotonina e GABA. L’effetto combinato può tradursi in una percezione soggettiva di miglior riposo e maggiore energia diurna.
Benché studi clinici condotti su popolazioni adulte e anziane abbiano mostrato per la melatonina un profilo di sicurezza molto favorevole, anche per trattamenti fino a diversi mesi, se si decide di provare la melatonina, gli esperti consigliano di iniziare con basse dosi (1 mg) e curare molto il timing: 60-90 minuti prima di dormire. Per uso prolungato o in presenza di altre terapie farmacologiche (anticoagulanti, immunomodulanti, antidepressivi), è necessario consultare il medico.
Gli effetti collaterali sono rari e di lieve entità (come sonnolenza mattutina o sogni vividi). Tuttavia, l’efficacia varia da persona a persona e risulta massima se abbinata a una buona igiene del sonno.
Strategie utili
Oltre agli integratori che possono avere un ruolo di supporto, esistono altri interventi utili e dimostrati scientificamente.
La terapia cognitivo-comportamentale per l'insonnia (CBT-I) è raccomandata come trattamento di prima linea per l'insonnia cronica, anche in menopausa. Integra tecniche di restrizione del sonno, controllo degli stimoli, ristrutturazione cognitiva e educazione all'igiene del sonno. È l'approccio con il miglior rapporto beneficio-rischio.
La terapia ormonale sostitutiva rimane l'opzione più efficace per i sintomi vasomotori moderati-gravi che disturbano il sonno, nelle donne candidate idonee (entro dieci anni dalla menopausa, senza controindicazioni). Quando la terapia ormonale non è indicata o desiderata, esistono alternative non ormonali con efficacia documentata.
L'igiene circadiana è fondamentale: esposizione a luce intensa (meglio se naturale) per 30-60 minuti entro un'ora dal risveglio stabilizza l'orologio biologico, mentre la sera vanno attenuate le luci e limitati gli schermi luminosi nell'ultima ora prima di dormire. Camera fresca, tessuti traspiranti, orari regolari e una routine rilassante pre-sonno completano il quadro.
L'alimentazione serale può fare la differenza: pasti leggeri, limitando alcol e caffeina nelle ore serali, e preferendo alimenti che contengono triptofano (precursore della melatonina) come latticini, avena e frutta secca.
Gli studi confermano che la combinazione di approcci comportamentali e soluzioni naturali (come la melatonina) offre risultati migliori rispetto a un singolo intervento isolato. L’effetto sinergico tra regolazione circadiana e interventi sullo stile di vita può ridurre il tempo di latenza del sonno e migliorare la percezione di riposo.
In sintesi
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