La malattia si manifesta generalmente con fastidio, gonfiore o dolore addominale.
La sindrome dell’intestino irritabile, anche conosciuta come IBS (Irritable bowel syndrome), “colite spastica” o “colon irritabile”, interessa circa il 5-25% della popolazione e colpisce maggiormente le donne nella fascia di età compresa tra i 20 e i 50 anni.
La malattia si manifesta generalmente con fastidio, gonfiore o dolore addominale ricorrenti, correlati a un’alterazione della frequenza o della consistenza delle feci (stipsi e diarrea).
La causa della sindrome è sconosciuta e la fisiopatologia non risulta sempre chiara.
L’andamento della malattia è cronico e variabile, in quanto spesso acuito da eventi stressanti di tipo fisico (es. interventi chirurgici, infezioni) o di tipo psichico (es. stress).
Nonostante i numerosi esami di laboratorio, radiografie (RX) e indagini anatomopatologiche, gli studiosi non hanno ancora scoperto cause specifiche della sindrome.
Sono stati però identificati diversi fattori scatenanti, tra cui fattori psicosociali (es. disturbi d’ansia) e fattori biologici (es. infezioni intestinali).
A questi due fattori si aggiungono intolleranze e allergie alimentari, utilizzo cronico di farmaci (es. antibiotici e antinfiammatori) e stress.
I sintomi tipici, definiti da criteri diagnostici internazionali, sono dolore o gonfiore addominale che si presentano per almeno 1 gg a settimana negli ultimi 3 mesi, in correlazione a 2 o più dei seguenti fattori:
Altri sintomi riscontrati possono essere:
Un cambiamento del proprio stile di vita alimentare può spesso portare a una regressione della sindrome. Prima di modificare la dieta bisogna però identificare tutti quegli alimenti apparentemente fonte di malessere e confrontarsi con un medico specializzato.
Bisognerebbe quindi:
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